«Ssn a rischio rottura». E Aiop propone il Patto sul neo-Welfare: universalismo e solidarismo per i bisogni più gravi

«Ssn a rischio rottura». E Aiop propone il Patto sul neo-Welfare: universalismo e solidarismo per i bisogni più gravi

Peggiorano le condizioni di accesso al Servizio sanitario nazionale e dell’utilizzo dei servizi da parte di pazienti e famiglie, prendono forma - di conseguenza - le “strategie di reazione” di pazienti e caregiver, sempre più orientati verso il privato, verso l’offerta extra-Regione e verso l’ospedalità provata accreditata; corre la spesa sanitaria “out of pocket”: con un +22,4% nell’ultimo decennio, a fronte di un aumento della spesa sanitaria pubblica totale del 14,2%. Un esborso che però sarebbe stimabile fino a 40 miliardi di euro, se si include il costo delle badanti.
È un “Patto sul Welfare” pieno di crepe, soprattutto al Sud, quello fotografato dall’Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata, nel XV Rapporto “Ospedali&Salute”, presentato a Roma in collaborazione con Ermeneia. «Esiste una “forbice” non facilmente ricomponibile tra l’aumento dei bisogni attuali e futuri (per l’invecchiamento della popolazione, per le innovazioni tecnologiche e farmacologiche, per la crescita delle attese dei cittadini) e la disponibilità delle risorse pubbliche corrispondenti», spiegano dall’Associazione, presieduta da Gabriele Pelissero. Da qui la proposta: «Poiché non possono bastare le strategie di tipo reattivo messe in atto dagli utenti, occorrerebbe affrontare un Patto sul neo-Welfare in cui si ripensi il sistema di protezione socisanitaria, mantenendo il carattere universalistico e solidale per i bisogni più seri e gravi ma introducendo un “vincolo di responsabilità” tra gli attori in gioco, e cioè sistema pubblico, sistema assicurativo, sistema della rappresentanza aziendale e dei lavoratori, singoli cittadini e famiglie».
Aiop - che rappresenta 500 case di cura operanti su tutto il territorio nazionale con oltre 53.000 posti letto, di cui 45.000 accreditati; 26 centri di riabilitazione con 2.000 posti letto, di cui 1.800 accreditati, e 41 Rsa con 2.800 posti letto tutti accreditati - entra nel dettaglio della sua proposta per una “triplice saldatura”:
- quella che deve legare il finanziamento pubblico alla responsabilità della “macchina” sanitaria nell’affrontare una sua profonda ristrutturazione e riorganizzazione che contemperi il controllo/taglio dei costi con la tenuta dei servizi rivolti agli utenti;
- quella di un non più rimandabile raccordo tra sanità e assistenza che implica la costruzione di un “sistema di giunzioni” efficace sia in ingresso che in uscita rispetto a strutture, servizi e prestazioni;
- quella che concerne una relazione molto più articolata e fluida rispetto all’uniformità e alla rigidità delle forme di welfare che abbiamo conosciuto sino ad oggi, così da distribuire una maggiore responsabilità fra tutti i soggetti appena ricordati.

I dati di sintesi. Peggiora nel 2017 il quadro già evidenziato nel Rapporto 2016: la “deflazione del sistema” evidenziata dal monitoraggio su pazienti e caregiver dell’anno precedente - per effetto del controllo della spesa, del taglio dei costi successivo, del blocco delle assunzioni e della mancata ristrutturazione e riorganizzazione dei servizi, avrebbe ulteriormente “affaticato” i pazienti e i loro famigliari. Le conseguenze? L’insoddisfazione nei confronti del sistema sanitario della propria Regione sale dal 21,3% del 2015 al 32,2% del 2017 (ma è il 51,3% al Sud) e l’insoddisfazione verso gli ospedali cresce in un anno dal 22,7% al 30,2% (al 50,6% nel Meridione). Ancora: la sensazione di non essere messi al centro aumenta nei pazienti dal 19,3% del 2014 al 32,4% del 2017 (41,3% al Sud), e parallalamente è percepito come in peggioramento il trattamento negli ospedali pubblici: dal 15,2% del 2015 al 18% del 2017. Poi: l’assenza di giunzione sia al momento della scelta dell’ospedale (il 38,2% dei casi trova difficile orientarsi, mentre peggiora dal 27,3% al 32,9% a capacità di indirizzo del Mmg) sia quando si tratti di completare l’iter di cura (criticità in un caso su tre, raddoppiate dal 2014), di ricorrere alla riabilitazione post ricovero (lamentele in oltre un quarto die casi) sia infine quando si debba passare a servizi di tipo socioassistenziale (dal 18 al 21,2% dei casi); Infine, il rimando o la rinuncia a una o più prestazioni sanitarie da parte del caregiver o di altri membri della famiglia (26,8% dei casi).

Come reazione a questo stato dell’arte, paziente e caregiver secondo l’Aiop mettono in campo una serie di strategie di reazione che si riflettono su: il ricorso a ospedali privati accreditati (41%) e cliniche private (20%); l’utilizzo di strutture extra-Regione (dal 28,2% al 47,7% nel 2017); l’aumento della propensione a scegliere tra varie strutture di ricovero (dal 21,2% del 2009 al 29,8% del 2017); l’incremento del livello di consapevolezza sull’opportunità di rivolgersi a ospedali privati accerditati in alternativa a quelli pubblici senza oneri aggiuntivi per gli utenti (dal 35,5% del 2009 al 39,3% del 2017, di andare extra-Regione o nella Ue (dal 14,1% del 2013 al 18,5% del 2017). Infine, la “sempreverde” opzione Pronto soccorso: quando non di trovi una rapida o adeguata risposta sul territorio (44%) o in caso di liste d’atesa troppo lunghe (26,8%). Ciò che farebbe dichiarare agli estensori del Report una “territorializzazione progressiva” dell’ospedale, «di cui si ha in fondo più fiducia rispetto ai servizi Asl e allo stesso medico di base».Fonte: Il sole 24 ore sanità
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