Carenza medici, fenomeno sopravvalutato? Il problema è la scarsa appetibilità del Ssn

Carenza medici, fenomeno sopravvalutato? Il problema è la scarsa appetibilità del Ssn

La carenza di medici specialisti è, in molti casi, un fenomeno sopravvalutato sui media. Ci sono tuttora concorsi dove per ogni posto si presentano 20 medici. Resta un problema di scarsa appetibilità del servizio sanitario ma per risolverlo si dovrebbe investire sui giovani neo-specialisti e valorizzare il contratto per la dirigenza stabilizzando i precari e magari riprendendo la trattativa. Prova a spiegarlo l’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) ma lo affermano anche dati Eurostat secondo cui le carenze di medici nel nostro paese sono solo in alcune aree, più in alcune regioni che in altre e più sul territorio che in ospedale, dove sono a reale rischio spopolamento le discipline H24 come emergenza urgenza, anestesia e rianimazione, chirurgia.

 Il presidente SIGM Emanuele Spina si chiede «come mai sui giornali compaiano le graduatorie andate deserte e non il concorso con 84 domande per 4 posti a Mantova, non certo New York, per un posto di Dirigente Medico di Igiene, Epidemiologia e Sanità Pubblica». A rispondergli indirettamente dati Eurostat pubblicati da Sole 24 Ore, che rappresentano un’Italia provvista di medici specialisti sebbene anziani.

 Abbiamo invece 89 medici di famiglia ogni 100 mila abitanti, meno della Germania (96), metà dell’Irlanda e un terzo del Portogallo, siamo a centroclassifica in Europa. Siamo invece quinti per specialisti (306 ogni 100 mila abitanti, quarta è la Germania) e secondi dopo la Grecia per pediatri. Discipline come pediatria, chirurgia plastica o igiene restano ricercate. Le regioni oscillano dai soli 330-350 medici ogni 100 mila abitanti di Trentino e Veneto ai 432 del Friuli VG, ai 487 della Sardegna, ai 461 del Lazio: situazione a macchia di leopardo che farebbe pensare all’opportunità per certe regioni di far “campagna acquisti” nelle limitrofe.

 A riportare tutti sulla terra è l’età media dei camici, la più alta d’Europa, over 50 contro i 48 anni dei francesi, i 45 di media dei tedeschi, gli appena 34 degli inglesi. Ben 25 mila sono tra 62 e 66 anni, zona quota 100, e qui gli specialisti ospedalieri sono a rischio. Colpisce fino a un certo punto che i paesi con medici dall’età media più bassa importino da altri paesi più laureati e abilitati all’estero, che da noi costituiscono solo lo 0,8% della forza lavoro, mentre tra gli Irlandesi salgono al 40% (50 volte di più), tra gli inglesi sono 30 volte di più, tra francesi e tedeschi oltre 10 volte di più. Tra i possibili rimedi, rivolgersi a medici stranieri e riposizionare i corsi così da dirottare i laureati nella specialità più spopolata.

 E, per Spina, forse già basterebbero. «In pochissime branche ci sono necessità di personale non soddisfatte. Creare un caso mediatico permette alle Regioni di studiare soluzioni “alternative” all’assunzione stabile di neo specialisti precari», afferma il presidente SIGM.

 In questo modo, da un lato si rimanda la firma del contratto in favore di soluzioni creative «quali l’assunzione di pensionati, medici dall’estero o medici non specialisti da demansionare». Dall’altro lato, si favorisce lo spostamento degli specializzandi in strutture talora carenti nei requisiti di idoneità formativa. In merito a queste ultime osserva Spina: «Dietro i proclami sull’inserimento degli specializzandi negli Ospedali c’è solamente l’interesse di aziende e regioni a reggere anche queste strutture sull’attività di medici in formazione specialistica, il cui contratto è già finanziato a livello centrale, con l’unica logica di risparmiare sulla Sanità regionale». In pratica, a un apparato mediatico che dà i giovani medici per “ricercati” con richieste certe, questi si imbattono ogni giorno in una realtà fatta: «per i non specialisti di lavori sottopagati quando ci sono, e per gli specialisti di concorsi banditi raramente ed intasati di partecipanti.

 Senza spostarsi dall’obiettivo di riformare i percorsi pre e post laurea -conclude Spina- la Medicina dovrebbe porre più attenzione all’accesso al mondo del lavoro, e investire sui giovani neo-specialisti con misure che includono stabilizzazioni e ripresa della trattativa per il contratto».
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