osservazioni medico oculistiche - A 270 anni dal terremoto di Lisbona: spartiacque tra mondo antico e moderno

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07/12/2025 - A 270 anni dal terremoto di Lisbona: spartiacque tra mondo antico e moderno


L’evento sismico

Il terremoto di Lisbona del 1755 è stato il più rilevante evento sismico in Europa negli ultimi duemila anni. Le cronache dell’epoca riferiscono che le scosse durarono diversi minuti: alcune fonti parlano di sette, altre fino a quindici minuti. L’epicentro fu localizzato nell’Oceano Atlantico, a circa 200–300 km da Lisbona. Studi più recenti stimano che il sisma abbia raggiunto una magnitudo di 8,9 sulla scala Richter (che arriva a 10), rendendolo uno dei terremoti più violenti e distruttivi mai registrati in Europa, paragonabile, per numero di vittime e danni, solo a quello di Messina del 1908, che tuttavia raggiunse una magnitudo inferiore, pari a 7,3. Intorno alle ore 9:00–9:30 del mattino, secondo diverse testimonianze, un boato improvviso scosse Lisbona dalle fondamenta, facendo precipitare la città in un incubo apocalittico. Un suono cupo e sinistro si levò dal sottosuolo, mentre gli edifici crollavano uno dopo l’altro, lasciando dietro di sé fumo, macerie e morte. I sopravvissuti cercarono rifugio negli spazi aperti, in particolare presso il porto e l’area del molo. Si trattò, purtroppo, di una decisione fatale: pochi minuti dopo, un imponente tsunami con onde alte tra i 5 e i 20 metri sommerse il porto e le zone circostanti, incrementando ulteriormente il bilancio delle vittime. Seguirono altre due ondate, di minore intensità.

Gli incendi

Le aree risparmiate dal terremoto e dallo tsunami furono, come se non bastasse, devastate da numerosi incendi. Questi furono causati dalla caduta di camini, dal propagarsi delle fiamme dei focolari domestici e dalle migliaia di candele accese nelle chiese. In quella mattina, in occasione della festività di Ognissanti, molte famiglie si trovavano nei luoghi di culto, dove trovarono una morte atroce. La popolazione di Lisbona, allora in prevalenza cattolica, partecipava numerosa alle celebrazioni religiose. Gli incendi, alimentati dal legno usato per le strutture portanti delle abitazioni e soprattutto delle chiese, imperversarono per cinque giorni, completando la distruzione della città. Il crollo dei tetti in fiamme provocò ulteriore devastazione. Si stima che le vittime furono tra le 60.000 e le 100.000, su una popolazione cittadina compresa, secondo diverse fonti, tra i 200.000 e i 275.000 abitanti. All’epoca, Lisbona era la quarta città più popolosa d’Europa, dopo Londra, Parigi e Napoli.

Il terremoto intellettuale

Il disastro ebbe proporzioni epiche e influì profondamente sulla cultura e sul pensiero del XVIII secolo. Non solo l’ingegneria e l’urbanistica furono costrette a rinnovarsi, ma anche la filosofia, la teologia e il pensiero sociale subirono una trasformazione radicale. Il terremoto di Lisbona fu infatti il primo grande evento “mediatico” della storia moderna: la notizia si diffuse rapidamente in tutta Europa, suscitando sgomento e riflessione. Il termine “catastrofe”, inteso come disastro naturale, entrò nell’uso comune proprio in seguito a questo evento. Lisbona, importante porto commerciale e snodo essenziale dell’Impero coloniale portoghese, era l’accesso europeo per oro, diamanti, tabacco e caffè provenienti dalle colonie. La città aveva una struttura urbanistica medievale, con strade strette e tortuose che, al momento del sisma, facilitarono i crolli a catena degli edifici, incrementando il numero delle vittime.

L’edilizia antisismica e lo stile pombalino

Il terremoto segnò una svolta anche nell’ingegneria edilizia. Si affermò lo stile pombalino, archetipo architettonico portoghese del XVIII secolo, che divenne modello in tutta Europa. Il nome deriva da Sebastião José de Carvalho e Melo, Marchese di Pombal (1699–1782), che coordinò la ricostruzione di Lisbona. Collaborò con ingegneri militari come Manuel da Maia, Eugénio dos Santos, Elias Sebastian Pope e Carlos Mardel. L’antico tessuto urbano fu sostituito da una pianta a scacchiera, con ampi viali e marciapiedi spaziosi. Una delle innovazioni più importanti fu l’introduzione della gaiola pombalina (letteralmente “gabbia”), una struttura prefabbricata antisismica composta da telai in legno con incroci a forma di croce di Sant’Andrea, riempiti con pietrame (alvenaria). Questa struttura, flessibile ma resistente, offriva protezione contro incendi e scosse sismiche, e rappresentò un riferimento per l’architettura antisismica in Europa e nel mondo.

Il terremoto filosofico, religioso e sociale

Il cambiamento architettonico fu solo il primo passo di una più profonda trasformazione culturale. Il Marchese di Pombal si adoperò per ridurre il potere della Chiesa e dell’aristocrazia, ritenuti ostacoli allo sviluppo. Lisbona fu ricostruita in modo più moderno, sicuro, efficiente. E il sisma divenne simbolo del passaggio da un mondo dominato dalla superstizione a uno orientato alla razionalità. Il dibattito filosofico che seguì fu acceso. Voltaire, sconvolto dall’evento, attaccò duramente l’ottimismo leibniziano, secondo cui vivremmo “nel migliore dei mondi possibili”. Nel 1756 scrisse il Poema sul disastro di Lisbona, seguito, nel 1759, dal celebre Candido, ou l’Optimisme, opera che lo consacrò come figura centrale dell’Illuminismo europeo. Jean-Jacques Rousseau, pur condividendo lo sgomento di Voltaire, nella Lettera a Voltaire sul terremoto di Lisbona (8 agosto 1756) attribuì le responsabilità non alla provvidenza divina, bensì all’uomo stesso, che aveva scelto di concentrare la popolazione in ambienti pericolosi e trascurato le leggi della natura. Questa controversia mise in evidenza la frattura tra una visione teologica del male, sostenuta da Leibniz e Pope, e un approccio razionalistico che cercava spiegazioni nel comportamento umano e nella struttura della società.

Il terremoto mediatico

Il terremoto di Lisbona fu anche un evento mediatico. La disputa tra Voltaire e Rousseau contribuì a dargli eco in tutto il continente. La celebre frase di Voltaire: “Lisbona è distrutta, e a Parigi si balla”, fu un atto di accusa contro l’indifferenza e l’ipocrisia dell’Europa colta. Altri grandi disastri, come il terremoto in Cina del 1699 (con oltre 400.000 vittime) o quello della Sicilia orientale del 1693, che distrusse Catania e causò circa 60.000 morti, non ebbero un impatto culturale paragonabile. Il sisma del 1755, invece, fu percepito in vaste aree: Spagna, Marocco, Inghilterra, Finlandia, e perfino – secondo alcune fonti – Groenlandia e Antille. La circolazione sempre più capillare delle idee ne amplificò la portata simbolica.

L’età moderna

Il filosofo Immanuel Kant (1724–1804), influenzato dal terremoto, criticò le spiegazioni fatalistiche e superstiziose fin allora prevalenti, aprendo la strada a un approccio scientifico ai fenomeni naturali. Fu tra i primi a ipotizzare la presenza di cavità sotterranee sature di gas come possibile causa dei terremoti. Il Marchese di Pombal, con approccio pragmatico e razionale, convinse il Re Giuseppe I di Braganza (1714–1777) a restare nella capitale, ordinò la cremazione delle migliaia di cadaveri per prevenire epidemie e, in breve tempo, avviò la ricostruzione della città secondo criteri antisismici. Con la rinascita di Lisbona, anche il pensiero europeo uscì da una lunga fase di oscurantismo. Il sisma del 1755 segnò l’ingresso definitivo dell’umanità nell’età moderna: un’epoca in cui gli eventi naturali non erano più letti come punizioni divine, ma analizzati con gli strumenti della scienza, della ragione e della responsabilità umana.

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