tumori oculari, le neoplasie oculari, possibilità di cura e terapie

Tumori oculari - diagnosi - valutazione clinica - cure


Melanoma dell'uvea, nuove possibilità di cura con la brachiterapia

A cura di: Prof. Balestrazzi Emilio

Epidemiologia

Il melanoma dell'uvea è la neoplasia intraoculare più frequente, è caratterizzata da una elevata tendenza a metastatizzare ed è la sola patologia intraoculare primaria che, negli adulti, può essere fatale.
Il melanoma dell'uvea è infatti responsabile di circa il 90% delle morti dovute a tumore oculare e mostra un'incidenza annuale di circa 7-8 casi per milione di popolazione.
Tale neoplasia colpisce principalmente il genotipo di razza bianca e la percentuale di sopravvivenza media, a 10 anni dalla diagnosi, è di circa il 50%.

Terapie

Fino a pochi decenni fa l'asportazione chirurgica del bulbo oculare rappresentava l'unica possibilità terapeutica per tale neoplasia.
Grazie ai considerevoli progressi compiuti negli ultimi anni nel trattamento del melanoma uveale, si sono rese disponibili nuove terapie di tipo conservativo.
È pertanto possibile, per i pazienti che rispondano a determinati criteri clinici, essere trattati preservando l'integrità anatomica e, spesso, funzionale dell'occhio affetto, con un'aspettativa di vita paragonabile a quella dei pazienti sottoposti a enucleazione.
Per i malati di tumore intraoculare è oggi a disposizione un'ulteriore efficace possibilità di trattamento conservativo: la radioterapia con placche radioattive o brachiterapia.
La brachiterapia è una tra le forme di radioterapia più utilizzate, è la modalità di trattamento più diffusa e consente di trattare il tumore con un elevato carico di radiazioni e senza danneggiare le strutture circostanti.
L'intervento consiste nell'inserimento di una placca, precedentemente caricata radio attivamente (con Iodio 125 o Rutenio 106), in corrispondenza della base del tumore.
In tale posizione la placca rimane per il tempo necessario all'emissione della dose di radiazioni richiesta (in genere 4-7 giorni). Con tale tecnica possono essere trattati molti tipi di melanomi, ovunque localizzati, e di spessore non superiore ai 9 mm per lo Iodio e ai 5 mm per il Rutenio.
La brachiterapia con entrambi gli isotopi, Rutenio e Iodio, è disponibile, in Italia, solo al Policlinico Gemelli. Ad oggi sono stati trattati 117 malati con tale modalità terapeutica (104 con Rutenio, 13 con Iodio).
L'aggiunta delle placche di iodio, che consentono di curare melanomi di dimensioni superiori rispetto a quelle indicate per il Rutenio, rispecchia una concezione di Centro di Oncologia Oculare di avanguardia, secondo cui la disponibilità di un'ampia scelta di modalità di trattamento, e la possibilità di associare, in rapporto alle dimensioni e alla sede della lesione, più opzioni terapeutiche, rappresenta il presupposto fondamentale per la cura ottimale del malato oncologico.
L'associazione della radioterapia con placche episclerali con altre modalità terapeutiche di tipo conservativo è attualmente in corso di studio per rispondere principalmente a due importanti esigenze: ottenere un miglior controllo locale della malattia, pur preservando l'integrità anatomica e funzionale dell'occhio, migliorare la prognosi quoad vitam riducendo l'insorgenza di recidive locali (il rischio di metastasi è maggiore in caso di recidiva).
L'associazione della brachiterapia con la laser-termoterapia trans pupillare (indicata come terapia sandwich), consente di trattare conservativamente i melanomi localizzati al polo posteriore, con spessore fino a 12.5 mm, se vengono utilizzate placche caricate con Iodio 125, e fino a 8.5 mm se vengono impiegate placche di Rutenio 106.
La terapia sandwich ha già dimostrato, nei primi studi, un miglior controllo locale del tumore, soprattutto nelle localizzazioni in prossimità del disco ottico e della foveola, riducendo in maniera statisticamente significativa la percentuale di recidive a 5 anni (2,5% rispetto al 4-11 % della sola brachiterapia). Al contrario i primi studi effettuati non hanno rilevato differenze significative nell'incidenza di complicanze dovute a terapia sandwich rispetto alla monoterapia.

Il futuro della terapia

I progressi ottenuti nella terapia locale del melanoma uveale negli ultimi anni, anche grazie all'impiego delle terapie combinate, hanno determinato un progressivo decremento delle enucleazioni a favore degli approcci conservativi.
Le numerose possibilità terapeutiche oggi disponibili per il melanoma uveale e le diverse indicazioni al trattamento hanno certamente migliorato la condizione dei pazienti oncologici ma hanno, altresì, imposto la nascita di centri specializzati in Oncologia Oculare, come quello operante all'interno dell'Istituto di Oftalmologia del Gemelli, che rappresenta il più importante Centro, in Italia, per prestazioni ambulatoriali e chirurgiche.
Solo in questi ambienti superspecialistici si è in grado, infatti, di elaborare, per ogni singolo paziente, la strategia terapeutica più indicata, meno rischiosa e che comporti il miglior risultato a distanza.
Inoltre, in queste strutture, viene offerta al paziente la possibilità di eseguire tutti gli esami di cui necessita durante il suo iter diagnostico e di disporre di tutte le opzioni terapeutiche necessarie alla cura della sua malattia.

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Le Neoplasie Maligne e Benigne

Il contenuto e le informazioni della presente pagina sono integralmente derivate dal sito www.uveiti.it a cura del dott. Giulio Modorati - Responsabile del Servizio di Oncologia ed Immunopatologia Oculare dell' Ospedale San Raffaele di Milano.

Tumori Oculari Benigni

Il più frequente tumore primitivo vascolare della coroide è l'emangioma cavernoso circoscritto.
Gli altri tumori vascolari primitivi della coroide (l'emangiopercitoma e l'emangioma capillare) sono estremamente rari.
L'emangioma cavernoso coroideale può essere di tipo circoscritto o diffuso. Quest'ultima forma può essere correlata alla Sindrome di Sturge-Weber.

Tumori Vascolari Benigni

Tumori Vascolari e Gliali della retina e della testa del nervo ottico.

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Tumori Maligni


L'Emangioma Coroideale circoscritto

Definizione e classificazione

L'emangioma coroideale circoscritto è un importante tumore vascolare che entra in diagnosi differenziale con altre lesioni amelanotiche dell'uvea (melanoma amelanotico, metastasi, osteoma, degenerazione maculare ecc.).
La forma circoscritta di questo tumore benigno è raramente associata al nevus flammeus cutaneo che invece caratterizza la sindrome di Sturge-Weber.
La frequenza di questo tumore, di solito unilaterale, è di circa 30 volte inferiore rispetto a quella del melanoma uveale anche perché molti casi, essendo asintomatici, rimangono misconosciuti.

Caratteristiche cliniche e diagnostiche

Il tumore rimane generalmente misconosciuto fino a quando diventa sintomatico. La comparsa di sintomi, calo dell'acuità visiva e/o metamorfopsie, avviene generalmente nella terza o quarta decade di vita.
L'esame obiettivo del segmento anteriore è sempre normale così come la pressione intraoculare.
Oftalmoscopicamente il tumore appare come una massa sottoretinica di un colore rosso arancio spesso identico a quello della coroide circostante.
Sulla superficie tumorale possiamo ritrovare foci bianco-giallastri o più frequentemente accumuli di pigmento sottoretinico a livello di epitelio pigmentato retinico. La dimensione dell'emangioma coroideale varia circa da tre a 18 mm di diametro massimo e da uno a 7 mm di spessore.
La sede più frequente di riscontro dell'emangioma coroideale è la coroide posteriore. In particolare l'80% ha sede al polo posteriore ed il rimanente 20% è in genere parapapillare.

La presenza di un emangioma in sede sottomaculare determina già nei primi anni di vita un'ipermetropia monolaterale con rischio d'ambliopia.
Queste caratteristiche devono quindi far sospettare, nelle ambliopie anisometropiche dell'infanzia, la presenza di un emangioma corideale sottomaculare.
Se il tumore è invece paramaculare, si potrà avere un calo dell'acuità visiva in età adulta dovuto ad un sollevamento sieroso del neuroepitelio retinico coinvolgente la fovea.
Nell'adulto, alla presenza di distacchi sierosi del neuroepitelio al polo posteriore, deve essere quindi esclusa la presenza di piccoli emangiomi coroideali paramaculari.
Quando il distacco del neuroepitelio persiste per lungo tempo si potranno osservare alterazioni atrofiche dell'epitelio pigmentato retinico ("sindrome gravitazionale"), degenerazioni cistiche ingravescenti della retina e zone ischemiche retiniche periferiche con neovasi retinici al loro margine. In presenza di tumori di grosse dimensioni si possono avere distacchi retinici secondari totali.

In genere l'emangioma coroideale ha delle caratteristiche oftalmoscopiche tali da consentire una diagnosi agevole.
Esistono tuttavia delle lesioni d'aspetto morfologico non caratteristico che rendono difficile la diagnosi differenziale con altre lesioni amelanotiche coroideali (melanoma amelanotico, metastasi, corioretinopatia sierosa centrale, sclerite posteriore, osteoma della coroide, degenerazione maculare senile, ecc.). In questi casi, oltre alla valutazione oftalmoscopica binoculare diretta o indiretta (Infatti è fondamentale la visione stereoscopica del fondo oculare che permette di visualizzare la "rilevatezza" del tumore sul piano retinico ed il suo colore.), è necessario eseguire alcuni esami strumentali aggiuntivi.
Per una corretta interpretazione delle immagini diagnostiche ricavabili da indagini strumentali bisogna tenere sempre presente la sede coroideale del tumore e le sue caratteristiche istologiche. Infatti, l'emangioma è costituito da un gomitolo di vasi sanguigni con scarsissimo tessuto di sostegno perivascolare in cui vi è un flusso ematico rapido e vorticoso di molto superiore alla coroide sana circostante.
Gli esami strumentali in grado di dare immagini patognomoniche d'emangioma coroideale sono l'ecografia A e B Scan e l'angiografia con verde indocianina.

L'ecografia A-scan standardizzata mostra picchi acustici intralesionali ad alta reflettività pari a circa l'80-90% del picco retinico di apertura.
Quest'alta reflettività interna, è patognomonica di emangioma coroideale, ed è determinata dalle numerose interfacie acustiche che costituiscono le pareti dei vasi dell'emangioma.
In B-scan, l'emangioma mostra sempre una forma ovalare a volte associata all'immagine di un piccolo distacco del neuroepitelio sovrastante il tumore o di un sollevamento sieroso retinico più ampio perilesionale.
L'immagine è ad alta reflettività paragonabile a quella del grasso retrobulbare e superiore a quella della coroide circostante. Il tumore non invade mai la membrana di Bruch e quindi, immagini a forma di fungo, sono semprepatognomoniche di melanoma coroideale.
L'immagine ecografica di calcificazioni intralesionali è talvolta visibile nel contesto di un emangioma coroideale.
Tali lesioni sono però facilmente distinguibili dall'aspetto ecografico d'iperiflettività assoluta dell'osteoma coroideale.

Un altro esame fondamentale, nella diagnosi differenziale tra emangioma e lesioni amelanotiche della coroide, è l'angiografia con verde indocianina che permette di visualizzare la circolazione della coroide e dei tumori coroideali non pigmentati.
Nell'emangioma coroideale, l'angiografia con verde indocianina mostrerà un rapido riempimento del tumore (iperfluorescenza precoce), dovuto al flusso ematico intenso, con un'iperfluorescenza massima dopo circa 30 sec.
Dopo tale periodo vi è un altrettanto rapido svuotamento dei vasi tumorali dal colorante con un'ipofluorescenza del tumore rispetto alla coroide circostante.
Infatti, la scarsità di tessuto di sostegno perivascolare dell'emangioma, determina un ridotto accumulo di colorante rispetto alla coroide sana circostante.
Invece nelle altre lesioni amelanotiche tumorali o pseudotumorali l'elevata quantità di tessuto rispetto all'esigua vascolarizzazione interna determinano nell'angiografia con verde indocianina un lento riempimento iniziale (ipofluorescenza precoce) e un accumulo maggiore di colorante in sede extravasale nelle fasi tardive (iperfluorescenze tardive) dell'esame.

Altri esami strumentali utili nella gestione dell'emangioma coroideale sono l'angiografia a fluorescenza e la tomografia coerente a radiazioni ottiche (OCT).
Queste indagini strumentali, pur non fornendo informazioni patognomoniche, consentono una valutazione qualitativa e quantitativa delle alterzioni retiniche secondarie alla presenza del tumore o agli esiti del suo trattamento.
L'angiografia a fluorescenza permette una visualizzazione del distacco sieroso del neuroepitelio, che determina il calo dell'acuità visiva, e la scoperta di una lesione coroideale adiacente o sottostante.
Inoltre le alterazioni atrofiche "gravitazionali" dell'epitelio pigmentato retinico sono ben visibili all'angiografia e dimostrano che la lesione è datata.
L'OCT è un'indagine strumentale, di recente introduzione, che ci consente un rapido e non invasivo studio degli strati retinici in senso qualitativo e quantitativo.
L'esame consente di evidenziare e quantificare il sollevamento del neuroepitelio maculare secondario all'emangioma coroideale.
Tali parametri saranno quindi monitorati nel tempo per valutare follow-up naturale o dopo trattamento.

Istopatologia

Alla valutazione istologica il tumore appare come una massa di vasi sanguigni congesti.
Possono essere prevalentemente di tipo capillare, cavernoso o misti.
La forma cavernosa è la più frequenter ed è caratterizzata da ampi vasi congesti separati da sottili setti connettivali.
La forma capillare è rara ed è costituita da fini capillari separati da connettivo.
Le alterazioni della retina soprastante il tumore sono caratterizzate da degenerazioni cistiche retiniche, macrofagi contenenti melanina o lipofuscina, metaplasie dell'epitelio pigmentato retinico.

Trattamento

L'emangioma della coroide è un tumore benigno e quindi il trattamento non è finalizzato alla distruzione del tumore a qualsiasi costo ma, invece, al mantenimento della migliore acuità visiva per il maggior tempo possibile.
Se il paziente non ha sintomi o calo dell'acuità visiva il trattamento non è necessario ed il paziente andrà controllato nel tempo.
Se un sollevamento del neuroepitelio determina un calo dell'acuità visiva il trattamento dovrà essere preso in considerazione.

I trattamenti sono essenzialmente di due tipi: la laser terapia e la radioterapia.
La scelta della migliore terapia per un determinato emangioma dipende dal suo spessore, dal diametro, dall'ampiezza del sollevamento sieroso del neuroepitelio, dalla presenza di danni irreversibili retinici maculari e dalla localizzazione del tumore. Lo scopo del trattamento fotocoagulativo laser è di creare, sopra la superficie tumorale, delle cicatrici retino-coroideali tali da consentire creare un'adesione della retina all'epitelio pigmentato sottostante allo scopo di ridurre l'essudazione con una conseguente diminuzione o scomparsa del sollevamento sieroso del neuroepitelio ed un miglioramento dell'acuità visiva.
Questo tipo d'approccio terapeutico è indicato per emangiomi di piccole e medie dimensioni. La fotocoagulazione può essere intensa con spot confluenti sulla superficie del tumore oppure con spot intensi ma radi sulla superficie tumorale.
Quest'ultima opzione è consigliabile per le lesioni paramaculari.
L'angiografia a fluorescenza consente un utile monitoraggio degli esiti del trattamento laser.
Un nuovo approccio terapeutico mediante laser a diodo è la Termo Terapia Transpupillare (TTT).
Questo trattamento, attualmente utilizzato con successo nella distruzione di melanomi coroideali di piccole dimensioni, è stato eseguito in via sperimentale anche nell'emangioma coroideale.
Il trattamento alternativo al laser è la radioterapia a basse dosi eseguibile con diversi approcci, radioterapia esterna, placche episclerali, protoni e gamma knife.
Questo trattamento determina nel tempo una distruzione dell'emangioma con una risoluzione del distacco retinico secondario.
Le indicazioni per l'utilizzo della radioterapia riguardano le lesioni sottomaculari con sollevamento retinico e gli emangiomi di grandi dimensioni.
La prognosi quoad vitam è eccellente essendo l'emangioma un tumore benigno.
La prognosi visiva dipende dalla sede, dall'ampiezza della lesione e soprattutto dalla presenza, dall'estensione e dalla durata del sollevamento del neuroepitelio maculare.

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Emangioma Coroideale diffuso

L'emangioma coroideale diffuso è un tumore benigno vascolare occupante la coroide posteriore che si continua con la coroide circostante con margini mal definiti.
L'emangioma coroideale diffuso è presente nel 50% dei pazienti con la sindrome di Sturge Weber ma può essere presente, seppur raramente, da solo.
A differenza della forma circoscritta, quest'emangioma è generalmente diagnosticato nella prima decade di vita a causa dell'ambliopia ipermetropica che determina o per la presenza dell'emangioma cutaneo.
La pupilla dell'occhio affetto ha un riflesso più rosso del controlaterale sano mentre vitreo e cristallino sono trasparenti. Oftalmoscopicamente si apprezza un diffuso ispessimento coroideale rossastro che meglio si evidenzia all'esame ecografico in B-Scan.
La gestione dell'emangioma coroideale diffuso è difficile a causa delle dimensioni dell'emangioma e si basa sulla fotocoagulazione, la radioterapia o la chirurgia.
Inoltre molto frequentemente nell'occhio affetto da emangioma è presente un glaucoma cronico ad angolo aperto.
La prognosi visiva è scarsa e la prognosi quoad vitam appare condizionata solo se l'emangioma oculo-cutaneo è associato ad un emangioma leptomeningeo diffuso (Sindrome di Sturge Weber).

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Emangioma Capillare

L'emangioma capillare della coroide è una variante istopatologica dell'emangioma coroideale circoscritto.
La lesione è costituita, contrariamente ai grossi vasi dilatati coroideali dell'emangioma circoscritto, da vasi di piccole dimensioni.
In alcuni casi è associato ad emangiomi capillari cutanei.

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Emangiopercitoma Uveale

Si tratta di un tumore rarissimo di cui sono riportati pochi casi in letteratura.
L'emangiopercitoma è costituito da una proliferazione di periciti vascolari.
L'aspetto oftalmoscopico è quello di un tumore coroideale amelanotico.
L'angiografia e l'ecografia oculare non danno immagini patognomoniche della lesione.
Istologicamente si tratta di un agglomerato di canali vascolari separati da tessuto costituito da periciti.

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Emangioma Capillare Retinico

L'emangioma capillare si può presentare come una lesione solitaria retinica, o può far parte della sindrome di von Hippel-Lindau in cui sono associate angiomatosi sistemiche.
Tuttavia in entrambi i casi il tumore appare clinicamente e istologicamente identico.

Definizione e classificazione

L'emangioma capillare retinico è un tumore vascolare retinico composto dalla proliferazione di cellule endoteliali e canali vascolari.
La lesione è diagnosticata in genere tra i 10 ed i 30 anni quando la lesione, essudando, determina un calo dell'acuità visiva. La lesione può essere multipla nel 30% dei casi.
La bilateralità e la molteplicità delle lesioni implicano una mutazione genetica e l'appartenenza alla sindrome di von Hippel Lindau.

Caratteristiche cliniche e diagnostiche

Nello stadio precoce, l'emangioma periferico è molto piccolo e oftalmoscopicamente lo s'individua a fatica ma lo si può localizzare più agevolmente seguendo i vasi afferenti ed efferenti dilatati.
Quando il tumore s'ingrandisce appare un nodulo rosso-rosa con i caratteristici vasi afferenti ed efferenti dilatati che arrivano fino alla papilla ottica. Se il tumore è invece in sede epipapillare o iuxtapapillare può apparire come un nodulo a margini netti senza i vasi dilatati.
L'emangioma capillare retinico può essere diviso nella forma essudativa e vitreoretinica.
La forma essudativa è caratterizzata da un'essudazione intraretinica e sottoretinica che inizialmente è perilesinale e successivamente alla crescita del tumore aumenta fino a coinvolgere la macula.
Nei casi più avanzati l'essudazione può determinare anche un distacco retinico essudativo totale simile a quello della malattia di Coats.
La forma vitreoretinica è invece caratterizzata da emangiomi retinici con minima reazione essudativa ma con una reazione vitreale intensa che può determinare la formazione di bande vitreali e quindi trazione vitreo retinica.
Queste trazioni possono determinare distacchi di retina trazionali ed evolvere in ptsi bulbare.

L'emangioma capillare retinico periferico ha un aspetto oftalmoscopico caratteristico. In presenza di una vasta essudazione retinica coinvolgente il polo posteriore il tumore entra in diagnosi differenziale con la malattia di Coats da cui tuttavia si differenzia per la presenza costante del tumore e dei vasi dilatati.
Altre lesioni con cui entra in diagnosi differenziale l'emangioma capillare retinico sono l'emangioma racemoso retinico, l'emangioma cavernoso retinico, i macroaneurimi retinici con essudazione ecc. L'emangioma in sede peripapillare può entrare in diagnosi differenziale con il papilledema e con la papillite.
Una accurata anamnesi, un'attenta oftalmoscopia binoculare ed un'angiografia a fluorescenza sono in grado di differenziare le lesioni.
Tra gli esami strumentali la fluorangiografia consente di valutare dinamicamente il riempimento e lo svuotamento dei vasi afferenti ed efferenti e di rivelare la presenza di altre lesioni di piccole dimensioni e misconosciute all'esame oftalmoscopico. L'esame è inoltre una guida indispensabile al trattamento laser dell'emangioma ed al suo follow-up.
L'ecografia oculare e l'angiografia con verde indocianina non danno informazioni aggiuntive di particolare interesse clinico nella diagnostica differenziale.

Istopatologia

L'emangioma retinico consiste in una proliferazione di capillari che sostituiscono a tutto spessore la retina.
La crescita può avvenire verso il vitreo (endofitico) o verso la coroide (esofitico). La proliferazione benigna riguarda le cellule endoteliali ed i periciti.
All'interno del tumore può esistere una marcata proliferazione fibrogliale.

Trattamento

Il trattamento deve iniziare solo quando il tumore, mostrando segni di crescita, aumenterà l'essudazione retinica. Se non cresce e non determina essudazione retinica deve essere controllato oftalmoscopicamente ogni 3-4 mesi.
I trattamenti dipendono dalla sede, dimensioni del tumore, dalla trasparenza dei mezzi diottrici e dal grado di fibrosi vitreoretinica.
Lo scopo del trattamento di questo tumore benigno, ma a crescita lenta, è la sua distruzione per fermare l'essudazione intra e sottoretinica maculare che è la causa del calo dell'acuità visiva.
Il trattamento fotocoagulativo laser transpupillare viene eseguito prevalentemente su tumori periferici di piccole e medie dimensioni. La tecnica utilizzata consiste nell'utilizzare basse potenze e lunghi tempi di esposizione.
Il trattamento sarà diretto sul tumore ed in un'unica sessione per gli emangiomi di piccole dimensioni (< a un diametro papillare).
Per gli emangiomi di diametro maggiore più grandi si preferisce iniziare con un trattamento perilesionale (doppia fila di spot) e dopo trenta giorni circa si esegue il trattamento sul vaso afferente. Successivamente si tratterà direttamente la massa tumorale fino alla sua completa distruzione.
Negli emangiomi periferici più grossi, è consigliabile utilizzare la crioterapia con la tecnica del triplo congelamento ed eventualmente ripetere il trattamento a distanza di tre mesi.
Il successo del trattamento comporterà una scomparsa degli essudati retinici ed anche riduzione del calibro della forma dei vasi retinici tumorali.

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Emangioma Cavernoso Retinico

Emangioma cavernoso retinico è un tumore vascolare benigno. Lo si diagnostica più frequentemente nei giovani adulti come lesione solitaria oculare o associata ad altre malformazioni cutanee ed intracraniche.
Oftalmoscopicamente appare come un grappolo di aneurismi di colore rosso scuro generalmente nella retina periferica e più raramente vicino al disco ottico.
A differenza dell'emangioma capillare retinico le pareti vascolari non sono alterate e quindi viene a mancare la componente essudativa perilesionale.
Istologicamente si tratta infatti di vene retiniche dilatate e congeste.
Alla fluorangiografia retinica i vasi rimangono ipofluorescenti nelle fasi precoci e solo nelle fasi tardive gli aneurismi si riempiono di colorante.
Nella maggior parte dei casi non è necessaria alcuna terapia ed il riscontro del tumore vascolare è spesso casuale. In rari casi vi può essere un'emorragia vitreale e tale complicanza può richiedere una terapia adeguata chirurgica e/o laser.

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Emangioma Racemoso Retinico

L'emangioma racemoso o cirsoide retinico è un'imponente alterazione vascolare del circolo retinico dovuta ad un'anastomosi diretta arteria-vena.
La valutazione oftalmoscopica mostra un caratteristico ammasso di vasi tortuosi, congesti e dilatati a partenza dalla papilla ottica.
Alla fluorangiografia si dimostra la comunicazione arteria-vena con un rapido riempimento del tumore ma senza accumulo di colorante o essudazione.
L'evoluzione è molto lenta con complicanze oculari rare (emorragie retiniche o occlusioni vascolari).
L'emangioma racemoso può essere una componente della sindrome di Wyburn-Mason per cui il paziente deve essere indagato per escludere la presenza di queste alterazioni vascolari in altre parti del corpo (cervello, orbita, mandibola ecc.).

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Tumore Vasoproliferante del fondo oculare

Il tumore vasoproliferativo del fondo oculare (TVPFO) è una massa rosso-rosa con vaso retinico afferente e venoso efferente solo lievemente tortuosi ma non dilatati.
Clinicamente possiamo dividere il tumore in forma primaria e forma secondaria:
  • La forma primaria è in genere una lesione solitaria, monolaterale, localizzata nel quadrante infero temporale.
  • La forma secondaria occorre in occhi con lesioni predisponenti (uveiti, toxocariasi, retinite pigmentosa ecc.), bilaterale ed associata ad una forte essudazione retinica.
La terapia fotocoagulativa laser è riservata a lesioni piccole e con scarsa essudazione.
Per lesioni di grandi dimensioni o con intensa essudazione è preferibile la crioterapia.

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Astrocitoma Retinico

L'amartoma astrocitico della retina è un tumore benigno composto da cellule gliali in prevalenza astrociti.
Clinicamente esistono due forme.
La forma solitaria retinica non associata a sclerosi tuberosa e quella associata a lesioni amartomatose multiple extraoculari (astrocitoma intracranico, angiofibroma cutaneo, chiazze cutanee di depigmentazione, rabdomioma cardiaco, angiolipoma renale, ecc.) tipiche della sclerosi tuberosa. Astrocitoma Retinico Oftalmoscopicamente la lesione appare in due forme principali.
Una sessile non calcifica ed una composta da sferule calcifiche che lo fanno entrare in diagnosi differenziale con il retinoblastoma da cui differisce per la mancanza di feeder vessels.
Fluorangiograficamente si apprezzano i vasi tumorali ed un iperfluorescenza tardiva.
Nei casi più atipici può essere necessario la biopsia mediante ago aspirato.

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Tumori Miogeni

I tumori miogenici dell'uvea sono il rabdomiosarcoma ed il leiomioma.
Il rabdomiosarcoma è un tumore maligno mesenchimale dell'infanzia. In letteratura esistono solo tre casi di rabdomiosarcoma dell'iride e dei corpi ciliari.
Il tumore è indistinguibile alla valutazione clinico-strumentale da altre neoplasie.
Il leiomioma è un tumore benigno della muscolatura liscia colpisce in genere giovani donne.
Clinicamente appare simile ad un melanoma amelanotico con vasi sentinella e con estensione sclerale.
Il leiomioma è più frequentemente irideo e solo più raramente si possono trovare grossi tumori dei corpi ciliari a lenta crescita.
La terapia è chirurgica od osservazionale.

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Tumori Neurogeni

I tumori neurali che originano nel tratto uveale sono lo schwannoma, il neurofibroma.
Lo schwannoma (neurilemoma) è un tumore benigno delle guaine dei nervi ciliari del tratto uveale.
Clinicamente appare come una neoformazione coroideale, prevalentemente non pigmentata, indistinguibile da un melanoma uveale.
Istologicamente è una proliferazione di cellule di Schwann e può presentarsi come forma solitaria o molto più raramente associata alla neurofibromatosi.
Il neurofibroma occorre in genere associato alla neurofibromatosi di von Recklinghausen.
Si tratta di un amartoma di cellule gliali e melanocitiche a livello di iride (noduli di Lisch) e a livello di coroide.

Definizione e Classificazione

L'osteoma della coroide è un tumore benigno dell'uvea costituito da tessuto osseo.
Data la rarità diquesto tumore non esistono dati epidemiologici consistenti sulla sua incidenza o prevalenza.
Tuttavia dalla valutazione della letteratura esistente l'osteoma appare più frequente nelle donne giovani (20-30 anni) senza predilezione di razza.
La lesione è unilaterale nel 75-80% dei casi.

Caratteristiche Cliniche e Diagnostica

Oftalmoscopicamente l'osteoma appare come una lesione sottoretinica placoide giallo-arancio contenente accumuli di pigmento marrone.
La lesione può essere localizzata in sede peripapillare o al solo polo posteriore.
Le dimensioni variano da alcuni millimetri di diametro fino ad occupare tutto il polo posteriore.
La forma può essere rotonda od ovoidale con margini ben definiti ma irregolari. Quando il tumore è bilaterale le dimensioni sono spesso asimmetriche. Sulla superficie del tumore sono talvolta visibili dei ciuffi di vasi che originano nella parte profonda del tessuto osseo.
In alcuni casi si possono sviluppare, nel contesto del tumore, delle membrane neovascolari o dei sollevamenti sierosi del neuroepitelio.
L'aspetto oftalmoscopico è spesso patognomonico di osteoma coroideale.
Tuttavia il tumore entra in diagnosi differenziale con altre lesioni tumorali o pseudotumorali della coroide (melanoma amelanotico, metastasi, emangioma, degenerazione maculare ecc.). Tumori Neurogeni L'ecografia oculare B-scan è un esame strumentale fondamentale nella diagnosi differenziale.
Permette, infatti, di evidenziare l'alta reflettività del tessuto osseo tumorale che blocca tutti gli ultrasuoni determinando dietro alla lesione " un'ombra acustica".
Riducendo gradualmente la sensibilità dello strumento permane l'immagine iperriflettente del tessuto osseo mentre si riduce quella del tessuto adiposo retrobulbare.
La fluorangiografia retinica permette di visualizzare le alterazioni della coriocapillare e dell'epitelio pigmentato retinico secondarie alla sostituzione della coroide da parte del tessuto osseo tumorale.
L'esame è quindi utile nella gestione delle membrane neovascolari sottoretiniche e nei distacchi sierosi del neuroepitelio retinico.
Molto più interessante è invece l'aspetto dell'osteoma all'angiografia con verde indocianina.
Quest'esame permette la precisa visualizzazione dei margini coroideali della lesione e dei ciuffi di vasi che dal profondo del tessuto osseo risalgono in superficie.

Istopatologia

L'osteoma è composto di tessuto osseo maturo che sostituisce lo strato coroideale risparmiando parte della coriocapillare. Nel tessuto tumorale sono presenti le trabecole ossee contenenti ampi spazi cavernosi ricoperti da endotelio e piccoli vasi capillari.
Le linee cellulari presenti sono osteoblasti, osteociti e osteoclasti.
Negli spazi intertrabeculari midollari sono presenti elementi fibrovascolari, mastcellule e cellule mesenchimali.
La coriocapillare appare assottigliata e/o obliterata ed il sovrastante epitelio pigmentato retinico appare assottigliato o atrofico contenente accumuli di melanofagi contenenti pigmento.
La patogenesi di questo tumore è sconosciuta. Sono state ipotizzate diverse origini (post-infiammatoria, post-traumatica o coristoma) ma le caratteristiche clinicopatologiche della lesione (tessuto osseo, età d'insorgenza e progressione) non confermano queste ipotesi.

Trattamento e Prognosi

Essendo un tumore benigno a lentissima crescita, il trattamento consiste nell'osservazione periodica e nel monitoraggio delle complicanze che possono ridurre l'acuità visiva.
Un rapido deterioramento è generalmente legato all'insorgenza di una membrana sottoretinica maculare. Questa è la complicanza più temibile per la prognosi visiva e può essere trattata con fotocoagulazione laser secondo criteri standard.
Un lento deterioramento dell'acuità visiva è invece secondario ad un'alterazione progressiva dei fotorecettori retinici dovuta all'alterazione della coriocapillare assottigliata e occlusa dal tumore.
La prognosi visiva dipende quindi anche dalla localizzazione del tumore. Non esistono invece differenze della prognosi quoad vitam rispetto alla popolazione normale.

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Melanoma Oculare

I melanomi oculari (congiuntivali ed uveali) sono tumori molto rari, caratterizzati da una prognosi spesso grave.
I melanomi uveali sono spesso asintomatici e determinano disturbi aspecifici dell'acuità visiva solo quando raggiungono dimensioni ragguardevoli o interessano l'area maculare.
La miglior forma di prevenzione e diagnosi precoce appare quindi il controllo annuale oftalmologico del fondo oculare. Il coinvolgimento dell'occhio, organo di piccole dimensioni ma con funzioni importantissime, impone poi la gestione del paziente presso centri di alta specializzazione.

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Melanoma Congiuntivale

Definizione ed incidenza

I tumori maligni congiuntivali sono rappresentati dai carcinomi a cellule squamose e sebaceo, dal melanoma, dai tumori linfoidi, dal sarcoma di Kaposi.
Tra questi, il melanoma, che origina dai melanociti congiuntivali, è estremamente raro (meno del 2% di tutti i tumori maligni oculari), con una incidenza compresa tra 0.024 e 0.052 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, pari a circa 1/40 di quella dei melanomi uveali.
La patogenesi di questo tumore è stata sempre fonte di controversie; attualmente si considera che esso origini nel 75% dei casi da una melanosi acquisita primitiva (MAP), mentre nel restante 25% da un nevo congiuntivale pre-esistente o de novo.

Diagnosi

La diagnosi differenziale tra melanoma congiuntivale ed altre lesioni pigmentate benigne (nevo, melanosi, melanocitosi) o pre-cancerose (melanosi acquisita primitiva) si basa essenzialmente su storia clinica, morfologia della lesione e reperto bioptico.
Nel nervo congiuntivale esistono spesso spazi cistici intralesionali comunemente assenti nel melanoma.
Inoltre l'incidenza del melanoma è maggiore nella età di mezzo, mentre è raro nei primi anni di vita e nell'adolescenza in cui è frequente il riscontro dei nevi.
Il melanoma pigmentato è anche facilmente differenziabile, mediante valutazione al biomicroscopio, da quelle lesioni a sede sclerale (melanocitosi oculare o oculodermica) che creano una pseudo pigmentazione congiuntivale.

Tra le lesioni pigmentate della congiuntiva la più importante è la melanosi acquisita primitiva (MAP).
Si tratta di una lesione piatta, quasi sempre monolaterale, che colpisce prevalentemente pazienti di media età.
Essa può aumentare di dimensioni o modificare la propria pigmentazione nel tempo, ma, soprattutto, può trasformarsi in melanoma congiuntivale; questo evento si verifica 50% dei casi di MAP che presentano atipie cellulari all'esame istologico.

Nelle lesioni con un aspetto morfologico francamente benigno l'approccio diagnostico si basa sulla valutazione clinica e sulla documentazione fotografica, ripetute e confrontate nel tempo.
Nelle lesioni dubbie di piccole dimensioni è consigliata l'escissione chirurgica in toto e la valutazione istologica.
Nelle lesioni di maggiore dimensione è preferibile eseguire biopsie multiple di aree con diversa morfologia.
Le biopsie multiple di lesioni maligne non peggiorano la prognosi. Melanoma Congiuntivale Il paziente affetto da melanoma congiuntivale deve essere sottoposto, prima del trattamento locale, ad indagini diagnostiche per escludere la presenza di metastasi.
Queste possono interessare, per diffusione linfatica, i linfonodi cervicali, sottomandibolari, preauricolari e addominali, nonché il tessuto sottocutaneo periorbitario, e, per via ematica, il fegato, lo scheletro, la parotide ed il sistema nervoso centrale.

Robertson ha riferito su alcuni pazienti con metastasi alle cavità nasali e paranasali; questa importante segnalazione suggerisce l'esecuzione di una visita otorinolaringoiatrica.

Trattamento e risultati

L'approccio terapeutico è guidato dalle dimensioni e dalla localizzazione del melanoma.
Nei melanomi di piccole dimensioni localizzati in sedi favorevoli (congiuntiva bulbare e perilimbare) è sufficiente una ampia resezione chirurgica. Nei casi situati in sedi sfavorevoli (congiuntiva palpebrale, fornice, caruncola e margine palpebrale) o di grandi dimensioni, l'exenteratio orbitae, tecnica chirurgica radicale in cui si rimuove tutto il contenuto orbitario con conseguente cecità e deturpazione del volto, era considerata l'unico trattamento proponibile.

Un recente studio retrospettivo ha tuttavia dimostrato che la sopravvivenza dei pazienti sottoposti ad exenteratio orbitae non era migliore di quelli trattati con exeresi chirurgica locale, suggerendo di limitare l'impiego della chirurgia radicale ai soli casi che infiltrano l'orbita.
Attualmente nei melanomi a localizzazione sfavorevole si preferisce quindi eseguire un'asportazione chirurgica totale della lesione con ampio margine di sicurezza ed associare la crioterapia o la radioterapia.

Quest'ultima utilizza isotopi beta emittenti, quali lo Stronzio-90 ed il Rutenio-106, che per le loro caratteristiche energetiche, consentono di somministrare alte dosi a livello della congiuntiva con risparmio del cristallino (meno del 5% della dose totale).
La mortalità a 5 anni varia dal 14% al 27%; a 10 anni è del 30% circa.
I fattori di rischio statisticamente significativi sulla mortalità sono la localizzazione sfavorevole (mortalità doppia rispetto alle altre localizzazioni), la presenza di cellule miste, fusate ed epitelioidi (mortalità tripla rispetto alla sola cellularità fusata), la multifocalità (mortalità quintupla rispetto alle forme monofocali).
Il grado di invasione profonda del tumore determina una mortalità più elevata, soprattutto nel gruppo di pazienti con tumore in sede sfavorevole.

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Melanoma Uveale

Definizione ed incidenza

Il melanoma uveale, che origina dai melanociti uveali della cresta neurale, è il tumore maligno intraoculare più frequente dell'età adulta; esso tende a crescere sia all'interno del bulbo, invadendo e disorganizzando i tessuti intraoculari, sia all'esterno, infiltrando la sclera ed i tessuti orbitari.
Il melanoma uveale metastatizza a distanza unicamente per via ematogena data l'assenza di vasi linfatici a livello bulbare.

Nel 1979 Wilkes e coll. calcolarono una incidenza annuale nella popolazione generale di 7 nuovi casi per milione di abitanti, con una grande differenza in rapporto all'età: tre casi per milione al di sotto dei 50 anni, 21 casi al di sopra.
Attualmente la sua incidenza annuale negli Stati Uniti è stimata essere di circa 6 nuovi casi per un milione di abitanti.
Sulla base di questi dati possiamo presumere che in Italia si verifichino circa 350 nuovi casi ogni anno.
La sede di insorgenza piu' frequente è la coroide (85%), seguita dai corpi ciliari (10%) e dall'iride (5%).

Diagnosi

La diagnosi di melanoma coroideale è essenzialmente clinica.
La diagnosi differenziale con le altre lesioni pigmentate uveali (nevo, melanocitoma, ipertrofia dell'epitelio pigmentato retinico, emorragia coroideale, neovascolarizzazione, eccetera) si basa sulla valutazione oftalmoscopica da parte di un oftalmologo esperto.
Come esami accessori possono essere utilizzati l'angiografia a fluorescenza e/o con verde indocianina e l'ecografia oculare A/B scan. Melanoma Uveale Le diagnosi differenziali più impegnative riguardano i tumori amelanotici (nevi, emangiomi, metastasi, osteomi) e quei casi in cui non è possibile visualizzare la lesione a causa dei mezzi diottrici non trasparenti (lecomi corneali, cataratta, emovitreo, distacco di retina).
In tutti questi casi è raccomandabile l'uso di metodiche sofisticate quali tomografia computerizzata, risonanza magnetica nucleare, radioimmuno-scintigrafia o tomografia ad emissione di positroni.
La storia naturale della malattia, documentata in qualche caso dalla letteratura, è invariabilmente caratterizzata dallo sviluppo di metastasi a distanza.

Le sedi preferenziali sono il fegato (92% dei casi), il polmone (31%), lo scheletro (23%), la cute (17%) ed il sistema nervoso centrale (4%).
Il tempo di comparsa dei secondarismi è estremamente variabile (da 2 mesi a 30 anni); solitamente la loro comparsa porta al decesso entro un anno.

Prognosi

La classificazione citologica del melanoma uveale è un importante fattore prognostico.
Sono stati identificati tre tipi di cellule: cellule fusate A, cellule fusate B, cellule epitelioidi.
Sulla base di questa suddivisione Callender classificò i melanomi in 6 gruppi, con prognosi differente: a cellule fusate A e B, fascicolari, misti, necrotici ed a cellule epitelioidi.

Più recentemente, McLean in un ampio studio retrospettivo ha riclassificato su base prognostica i melanomi in tre gruppi: nevi a cellule fusate, melanomi a cellule fusate e melanomi a cellule miste (fusate ed epiteliodi).
La mortalita' a 10 anni variava dallo 0% per i nevi a cellule fusate a più del 50% per i melanomi a cellularità mista.
Sono stati individuati altri fattori in grado di influenzare la prognosi quoad vitam, oltre alla citologia. Melanoma Uveale I piu' importanti sono: l'età del paziente, la localizzazione del tumore, il limite del margine tumorale anteriore, il diametro massimo tumorale, l'integrita' della membrana di Bruch e l'infiltrazione sclerale.
A titolo puramente esemplificativo si può ritenere che un paziente anziano con un melanoma esteso ai corpi ciliari, con rottura della membrana di Bruch e con infiltrazione sclerale ha prognosi pessima.

Trattamento e risultati

L'evidenza anatomica di un tumore completamente contenuto nel guscio sclerale e l'assenza di vasi linfatici bulbari hanno giustificato per anni l'utilizzo dell'enucleazione quale unica metodica terapeutica.
Tuttavia, nonostante l'apparente radicalità dell'intervento e l'assenza di metastasi al momento del trattamento, l'analisi di ampie casistiche retrospettive evidenziava un elevato tasso di mortalità: il 35% a 5 anni, il 57% a 10 anni ed il 60% a 25 anni.

McLean e Zimmermann, in uno studio retrospettivo condotto su 3432 casi, evidenziarono la presenza di un picco di mortalità a circa due anni dall'intervento di enucleazione, dovuto forse ad una disseminazione di cellule neoplastiche durante l'intervento chirurgico.
Sulla base di questa ipotesi si cercò di ridurre le conseguenze della manipolazione chirurgica del bulbo oculare sottoponendolo a congelamento durante l'intervento, o ad irradiazione, con dose di 20 Gy, 24/48 ore prima dell'enucleazione.

Questi accorgimenti non hanno tuttavia dimostrato alcuna influenza sulla prognosi quoad vitam del paziente enucleato.
Vennero quindi sviluppate terapie conservative in alternativa all'enucleazione (osservazione periodica di piccole lesioni, trattamento laser, resezione chirurgica e radioterapia) in grado di garantire al paziente, a parità di sopravvivenza, il mantenimento in sede del bulbo oculare con un eventuale residuo visivo.
L'osservazione periodica viene riservata alle lesioni di piccole dimensioni (spessore inferiore a 3mm) ed è giustificata dalla constatazione che alcune piccole neoformazioni precedentemente classificate come melanomi a cellule fusate erano in realta' nevi a cellule fusate.
Inoltre sono stati documentati melanomi a crescita zero, definiti "dormant melanoma" dagli Autori anglosassoni, che non crescono e non metastatizzano.
L'osservazione avviene mediante valutazione oftalmoscopica ma soprattutto attraverso il confronto nel tempo di fotografie seriate della lesione. Il trattamento fotocoagulativo laser viene attualmente utilizzato solo per lesioni di piccole dimensioni (3mm di spessore massimo) a sede periferica.

Le modalità di esecuzione variano dalla fotocoagulazione transpupillare diretta con alte potenze, alla metodica Low Energy-High Exposure introdotta allo scopo di aumentare la profondità della necrosi.
Il fascio di luce laser viene utilizzato per via transpupillare anche nella terapia fotodinamica e nella termoterapia.
La sopravvivenza dei pazienti dopo questo tipo di trattamento appare sovrapponibile a quella ottenuta con le metodiche più demolitive. Melanoma Uveale La resezione chirurgica locale del tumore, introdotta da Foulds, comporta l'asportazione del tumore dall'esterno.
E' una tecnica chirurgica di difficile esecuzione e limitata ai melanomi dei corpi ciliari e dell'iride.
Il trattamento conservativo del melanoma uveale attualmente più utilizzato è la radioterapia.
Lo scopo della radioterapia è quello di sterilizzare il tumore inibendo la capacità replicativa cellulare.

Il melanoma uveale viene considerato radioresistente e per il suo trattamento devono essere utilizzate dosi elevate di radiazioni (50-60 Gy), in genere mal tollerate dalle strutture intraoculari più radiosensibili (cristallino, nervo ottico, retina).
Appare quindi indispensabile utilizzare tecniche di irradiazione che consentano di somministrare alte dosi al tumore risparmiando invece i tessuti peritumorali sani.

Già nel 1929 Moore tentò questo approccio utilizzando una tecnica di brachiterapia interstiziale con aghi di Radon impiantati direttamente nella massa neoplastica.
Da allora ad oggi nuove e più sofisticate metodiche sono state introdotte: la brachiterapia con placca episclerale, la radioterapia con adroni (protoni e ioni elio) e la radiochirurgia con Gamma Knife.
La placca episclerale è costituita da un guscio metallico di forma e dimensioni adeguate, contenente un isotopo radioattivo (Cobalto 60, Rutenio 105, Iodio 125).

La placca viene suturata alla sclera in corrispondenza del tumore permanendo il tempo necessario (sino a 10 giorni ) a somministrare una dose totale di almeno 100 Gy. Grazie al guscio metallico l'irradiazione avviene prevalentemente verso il tumore con una dispersione minima ai lati della placchetta.
Mediante questa tecnica possono essere trattate lesioni con spessore massimo di 5mm. Il controllo locale di malattia è dell'85%, con la conservazione di un buon grado di acuità visiva nella quasi totalità dei pazienti.
La radioterapia con adroni utilizza generalmente protoni con energia di almeno 75 MV prodotti da un ciclotrone.

Le caratteristiche fisiche dei protoni (picco di Bragg) consentono di ottenere un fascio molto collimato in grado di cedere tutta la dose terapeutica sul bersaglio ad una profondità voluta.
Presso il Massachussets General Hospital-Harvard Cyclotron Laboratory di Boston, dal 1976 ad oggi, sono stati trattati oltre 2200 pazienti.
La dose totale somministrata è stata di 70 Gy equivalenti.
L'analisi più recente è stata condotta su 1006 casi ed è risultata in un controllo locale a 5 anni del 96%; il 90% dei pazienti guariti ha conservato l'occhio, il 50% l'acuità visiva. La sopravvivenza a 5 anni è dell'80%.

Possono essere trattati tumori di tutte le dimensioni ed in qualsiasi sede, ma i migliori risultati sono stati ottenuti nelle lesioni con diametro inferiore a 16mm e spessore inferiore ad 8 mm che interessavano la sola coroide.
In qualche centro l'adroterapia è stata praticata utilizzando ioni elio: è riportata una percentuale di fallimenti locali assai bassa (2,4% a 5 anni ed oltre), nettamente inferiore a quella ottenibile con altre forme di irradiazione localizzata.

La Gamma Knife è una apparecchiatura complessa, che comprende, oltre l'unità radiante, i sistemi per la localizzazione del tumore, la definizione del piano di trattamento ed il controllo del trattamento.
Il cuore della Gamma Knife è un computer (Gamma Plan) direttamente interfacciato con i più sofisticati sistemi di imaging neuroradiologici (tomografia computerizzata e risonanza magnetica ad alta definizione). Sullo schermo del computer, al quale giungono direttamente le immagini diagnostiche, l'operatore è quindi in grado di localizzare il tumore, disegnarne i margini, individuare le parti anatomiche da non irradiare, scegliere il collimatore di diametro adeguato alle dimensioni del tumore, calcolare la dose di irradiazione (tempo per numero di shot) ed infine visualizzare le isodosi del trattamento direttamente sull'immagine neuroradiologica. Melanoma Uveale L'unità radiante contiene 201 sorgenti di cobalto-60 collocate in un corpo emisferico centrale.
Il raggio emesso da ciascuna sorgente di cobalto viene accuratamente collimato e fatto convergere con precisione in un punto comune, definito isocentro, corrispondente all'intersezione dei raggi nel centro del casco collimatore.
La distribuzione geometrica delle sorgenti e il sistema di collimazione assicurano così dosi elevate all'isocentro, di cui possono essere variate forma e dimensioni, con risparmio dei tessuti perilesionali sani.

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Le Mestastasi Oculari

Introduzione

Le metastasi uveali sono i tumori intraoculari più frequenti, anche se la loro presenza è spesso sottostimata.
Infatti, la valutazione autoptica di bulbi oculari di pazienti deceduti per tumore ha evidenziato la presenza di metastasi coroideali, clinicamente non rilevate in vita, nel 4% dei casi.
L'uvea ha delle caratteristiche anatomiche peculiari. Infatti la sua struttura vascolare è di tipo terminale a lobuli.
Queste caratteristiche ne fanno una specie di rete filtrante in cui eventuali cellule tumorali presenti nel sangue, si impiantano e sviluppano la metastasi.

Tumori Primitivi

Al momento del riscontro di un secondarismo uveale la storia clinica di un pregresso tumore primitivo è presente nel 70% dei casi. Nel restante 30% non vi è invece un'anamnesi positiva per patologie tumorali pregresse.
In questi pazienti una successiva valutazione oncologica sistemica rivela la presenza del tumore primitivo solo nel 50% dei casi.
Quindi nel 17% dei pazienti in cui viene diagnosticata una metastasi uveale, non si riesce ad individuare la sede del tumore primitivo da cui è originata.
I tumori che più frequentemente determinano metastasi coroideali sono i carcinomi.
I più frequenti sono il tumore della mammella (47%), del polmone (21%), del tratto gastrointestinale (4%), del rene (2%), della pelle (2%), della prostata (2%), altre sedi (4%) e sede sconosciuta (17%).
Le donne rappresentano il 70% dei pazienti affetti da secondarismi uveali in virtù dello spiccato tropismo per la coroide che ha il carcinoma della mammella.
L'età media dei pazienti è tra i 40 ed i 70 anni e dipende dalle caratteristiche epidemiologiche del tumore di origine.

Caratteristiche Cliniche

La sede più frequente delle metastasi uveali è la coroide (90%), i corpi ciliari sono interessati nel 20% e l'iride nel 10%. La lesione è infatti unica nel 70% dei casi mentre nel restante 30% può essere multifocale. Metastasi Oculari La metastasi uveale può presentarsi bilateralmente circa nel 30% dei casi.
La multifocalità e la bilateralità rappresentano due caratteristiche patognomonica di secondarismo molto utili nella diagnosi differenziale.
La localizzazione sottomaculare è presente nel 12% dei casi, mentre nell'80% la sede è tra macula ed equatore. Solamente l'8% delle metastasi sono post equatoriali.
Oftalmoscopicamente la metastasi si presenta come una lesione giallastra con una forma placoide.
Lo spessore medio ecografico è di 3mm ed il diametro medio è di circa 9mm.
Nelle lesioni più spesse vi è un distacco sieroso della retina sovrastante la massa con alterazioni dell'epitelio pigmentato retinico. Questo tipo di alterazione accompagna le metastasi nel 75% dei casi.

Diagnosi differenziale

La diagnosi di metastasi coroideale è solamente clinica e si basa principalmente su un'anamnesi clinica positiva per tumore primitivo e sulle caratteristiche morfologiche della lesione. Diagnosi differenziale La diagnosi differenziale di una metastasi è verso altre lesione amenalnotiche uveali che in ordine di frequenza sono: il melanoma amelanotico, l'emangioma coroideale, il nevo amelanotico coroideale, sclerite posteriore, osteoma coroideale, infiammazioni corioretiniche granulomatose e più raramente degenerazioni maculari essudative.
Gli esami oftalmologici strumentali (ecografia oculare, fluorangiografia retinica, angiografia con verde indocianina) possono fornire indicazioni tra loro complementari sull'aspetto morfologico della lesione.
Tali parametri tuttavia servono più a escludere certe patologie più che a essere patognomoniche di metastasi.
Anche l'assenza di un tumore primitivo alla diagnosi e addirittura dopo la valutazione sistemica oncologica non esclude la natura metastatica della lesione uveale.

Trattamento

Se il tumore era misconosciuto il trattamento iniziale riguarderà il tumore primitivo e successivamente, in funzione della prognosi quoad vitam, la metastasi oculare.
Se il tumore è noto il trattamento sarà sistemico e locale.
Infatti lo scopo della terapia è quello di sterilizzare la metastasi coroideale, in modo che essa stessa non determini ulteriori disseminazioni per via ematogena, e distruggere eventuali metastasi sub cliniche sistemiche.
Questo obiettivo viene perseguito con un primo approccio chemioterapico sistemico.
Se non c'è risposta terapeutica adeguata alla chemioterapia o la lesione è a sede sottomaculare si deve utilizzare la radioterapia esterna (3000-4000 cGy) con dosi iperfrazionate allo scopo di ridurre al minimo gli effetti collaterali comunque inevitabili nel tempo.

Prognosi

In genere la prognosi per questi pazienti non è buona con una sopravvivenza media di 18 mesi dalla diagnosi.
Tuttavia le pazienti con carcinoma della mammella presentano una prognosi quoad vitam migliore soprattutto se la metastasi coroideale era solitaria e prontamente trattata.

Altre informazioni su : www.fondazionebietti.it/it/tumori_oculari

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Data ultimo aggiornamento pagina: 3/04/2013


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