Prevenire il cancro. I tumori dell’apparato genitale maschile (AIRC)

Prevenire il cancro. I tumori dell’apparato genitale maschile (AIRC)

I tumori dell’apparato genitale maschile comprendono malattie piuttosto comuni, come il cancro della prostata, e altre più rare, come il tumore del pene. 

Conosciamoli meglio.

Cancro della prostata
Il cancro della prostata è uno dei tumori più diffusi a livello mondiale. Nel nostro Paese i casi diagnosticati sono stati oltre 36.000 nel 2020, pari quasi a un quinto di tutti i tumori rilevati negli uomini (dati da I numeri del cancro in Italia, 2020; per il 2021 non ci sono dati disponibili). 
Ma, a fronte di una così elevata incidenza, il tumore della prostata è anche uno di quelli che godono delle migliori prognosi. 
La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi supera infatti il 90 per cento. Fra chi è ancora vivo a cinque anni dalla diagnosi, il 75 per cento dei pazienti raggiunge un’aspettativa di vita sarà pari a quella della popolazione con le stesse caratteristiche e che non si è mai ammalata di tumore (dati da I numeri del cancro in Italia, 2021). 
La prognosi relativamente buona in molti casi di tumore della prostata – secondo per incidenza a livello mondiale negli uomini, ma quinto per mortalità – dipende dal fatto che è un cancro a lenta crescita, che rimane confinato localmente e che spesso viene diagnosticato precocemente, prima che possa dare sintomi, migliorando così le possibilità di trattamento. Non sempre il tumore deve essere trattato: l’assenza di sintomi e la lenta crescita in alcuni casi spingono i medici a non intervenire affatto, limitandosi al monitoraggio della malattia e delle condizioni del paziente. Il tumore, in sostanza, viene sorvegliato ma non attaccato.

In molti casi questo tipo di tumore può essere asintomatico e non dare problemi. Come ricorda l’American Cancer Society, alcuni tumori della prostata sono stati scoperti solo con l’autopsia in uomini morti per altre cause. 
Quando presenti, i sintomi sono soprattutto a carico dell’apparato urinario. La prostata, infatti, si trova appena sotto la vescica, di fronte al retto, e avvolge parte dell’uretra, il canale che trasporta l’urina fuori dalla vescica. I sintomi più comuni con cui il cancro della prostata può presentarsi sono quindi difficoltà o cambiamenti nel modo di urinare, per esempio minzioni più frequenti, urgenza di correre in bagno, sensazione di mancato svuotamento della vescica, getto più debole
A volte compaiono anche dolore, sangue nelle urine e nello sperma, disfunzione erettile.

Va precisato, tuttavia, che la comparsa dei sintomi non indica necessariamente la presenza di un cancro. 
Alcune infezioni alle vie urinarie e l’ipertrofia prostatica benigna, una condizione in cui la prostata si ingrossa con l’età, possono causare la stessa sintomatologia. 
Riferire i sintomi al medico aiuterà a capire se e come intervenire, con una visita specialistica dall’urologo che potrà eseguire l’esame rettale digitale, ovvero l’ispezione della prostata dall’ano, e prescrivere eventuali ulteriori esami. 
Tra questi, possono essere consigliati un’ecografia, un test del PSA (dall’inglese “Prostate-Specific Antigen”, antigene prostatico specifico, una proteina prodotta dalla prostata che aumenta in presenza di tumore, ma non solo), ed eventualmente una biopsia.

I principali fattori di rischio per il tumore della prostata sono l’età, l’etnia (i neri hanno un rischio maggiore di svilupparlo), la familiarità e alcuni fattori ereditari, come mutazioni a carico del gene BRCA2. 
Numerosi sono i gruppi di ricerca che lavorano per elaborare una sorta di test genetico utile a identificare le persone con un maggiore rischio di malattia, metastasi e morte, risparmiando al tempo stesso esami non necessari a quelle con un rischio più basso. Alcuni centri, invece, hanno avviato progetti per intercettare maschi sani ma con geni mutati che aumentano il rischio di malattia.
Altri fattori di rischio sono il fumo, l’obesità, elevati livelli di testosterone e una dieta ricca di prodotti caseari.


L’esame del PSA
L’antigene prostatico specifico (PSA) è una proteina prodotta dalla prostata che si trova nello sperma e anche nel sangue, la cui concentrazione in genere aumenta in presenza di cancro della prostata. 
L’utilizzo esteso, negli anni passati, del dosaggio del PSA come screening precoce ha aumentato il numero di diagnosi di cancro della prostata, ma non sempre e non necessariamente questo si è tradotto in un beneficio per il paziente. 
Il PSA infatti non è un marcatore specifico di malattia tumorale: aumenta fisiologicamente con l’età e in presenza dell’ipertrofia prostatica benigna, e anche altre condizioni, come infezioni alle vie urinarie, prostatite, attività sessuale recente o intensa attività sportiva, possono innalzarne i livelli. 
A questo si aggiunge il fatto che non esistono valori di riferimento che aiutino a determinare con certezza la presenza di un tumore, anche se, come ricorda l’American Cancer Society, in caso di livelli superiori ai 4 ng/ml di sangue, il rischio di avere un cancro è circa del 25 per cento. 
D’altro canto la neoplasia può essere presente anche se i livelli di PSA non risultano alterati. 

Oltre a non essere un marcatore tumorale specifico, l’utilizzo indiscriminato del dosaggio del PSA rischia di portare a diagnosi e trattamenti in eccesso, a fronte di benefici minimi in termini di riduzione della mortalità specifica per il tumore, come riassumono le linee guida dell’AIOM. 

Per questo oggi il dosaggio del PSA tende a essere raccomandato sulla base del rischio individuale e dell’aspettativa di vita dei pazienti, fattori che modificano il rapporto tra rischio e beneficio derivante da una diagnosi di tumore. 

Il test è generalmente consigliato in presenza di fattori di rischio, come la familiarità o l’etnia, e sconsigliato come controllo di routine in pazienti asintomatici, specialmente se di età inferiore ai 50 o sopra ai 75.

Fonte AIRC 
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