La scienza su colesterolo e rischio cardiovascolare sta cambiando
Per decenni, il colesterolo è stato inquadrato come una battaglia tra “buoni” (HDL) e “cattivi” (LDL), un modello che ha guidato la prevenzione e il trattamento delle malattie cardiovascolari.
Tuttavia, la scienza ha ormai superato questa visione semplicistica.
Come rivela un’analisi di Knowable Magazine, l’immagine completa del rischio cardiovascolare è molto più complessa, includendo fattori che spiegano perché le malattie cardiache restino la principale causa di morte a livello globale, anche tra coloro che assumono farmaci salvavita come le statine.
Il colesterolo, di per sé, è vitale: contribuisce alla stabilità delle membrane cellulari ed è un ingrediente fondamentale per ormoni come il testosterone e gli estrogeni.
Il problema non è la molecola, ma le lipoproteine che lo trasportano nel sangue.
Mentre l’LDL continua a essere il principale colpevole (quando si infiltra nelle pareti dei vasi, scatena infiammazione e forma placche aterosclerotiche), la nuova comprensione del rischio include altri elementi cruciali.
Innanzitutto, c’è la Lipoproteina(a): spesso trascurata, questa lipoproteina è geneticamente determinata e, se elevata, aumenta notevolmente il rischio cardiovascolare.
È definita “misteriosa” perché non si conosce la sua funzione naturale, ma la sua presenza è chiaramente dannosa.
La frustrazione clinica è alta, poiché né le statine, né l’esercizio fisico, né la dieta riescono ad abbassare in modo significativo i suoi livelli.
Oggi, la ricerca si sta concentrando su terapie genetiche sperimentali per silenziare il gene responsabile.
C’è poi il Colesterolo Residuo: questa sostanza è il colesterolo non completamente rimosso dal sangue, spesso legato ai trigliceridi.
Anche livelli elevati di trigliceridi (la componente grassa del sangue) sono associati a un rischio cardiovascolare maggiore, e la loro regolazione è più influenzata dallo stile di vita (dieta e attività fisica).
Anche il colesterolo “buono” (HDL), il presunto “camion della spazzatura” del sistema cardiovascolare, si è rivelato più complesso del previsto.
I tentativi di aumentarne i livelli con farmaci (ragionando sul fatto che più “spazzini” significassero meno placche) si sono rivelati deludenti: i farmaci aumentavano l’HDL, ma non riducevano gli eventi cardiaci in modo significativo.
Gli scienziati ipotizzano che la quantità non conti quanto la qualità, e che esistano diversi tipi di HDL, alcuni dei quali possono addirittura favorire stati infiammatori.
La battaglia contro il colesterolo non si ferma alle statine, che pure hanno salvato milioni di vite riducendo l’LDL fino al 50 per cento.
E per i pazienti che necessitano di un effetto maggiore o non tollerano le statine, sono subentrati nuovi farmaci.
Il futuro della prevenzione cardiovascolare si concentra ora sull’identificazione di questi nuovi bersagli (Lipoproteina(a) e colesterolo residuo) per sviluppare terapie di precisione che possano ridurre il rischio per la popolazione geneticamente predisposta o con profili lipidici atipici.
Sebbene i risultati clinici più attesi siano ancora in fase di studio, prevale un certo ottimismo tra i ricercatori.
fonte https://www.avis-legnano.org/